Carlo Piola, Francesca Baudino Bessone
L’utilizzo di piattaforme online nei contratti aventi ad oggetto la vendita e la distribuzione di beni e servizi ha assunto e sta assumendo dimensioni sempre più rilevanti negli scambi economici. Con l’adozione del Regolamento UE 720/2022 in materia di tutela della libera concorrenza e di liceità degli accordi tra imprese operanti a diversi livelli della filiera produttiva, l’Unione Europea è intervenuta per la prima volta sul tema delle clausole restrittive della concorrenza nel settore dell’e-commerce.
I. L’art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, Il Regolamento (UE) 2022/720 e le Linee Guida della Commissione sulle restrizioni verticali
Le norme poste a presidio della libera concorrenza in ambito europeo si sono recentemente arricchite di due nuovi importanti strumenti:
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il Regolamento (UE) 2022/720 della Commissione (d’ora innanzi anche solo il Regolamento) entrato in vigore il 1° giugno 2022, immediatamente applicabile ed obbligatorio in tutti gli Stati membri, relativo all’applicazione dell’art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (d’ora innanzi anche solo TFUE).
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Va ricordato che l’art. 101 TFUE dichiara incompatibili con il mercato interno gli accordi e le pratiche concordate tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato stesso, definendo in particolare come vietate le intese volte:
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a fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita,
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a limitare o controllare la produzione o gli sbocchi dei prodotti,
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ad applicare sul mercato condizioni dissimili per prestazioni equivalenti ed
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a subordinare la conclusione dei contratti all’accettazione di condizioni prive di alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi.
Nel dichiarare nulle tali intese, l’Art. 101 del Trattato pone tuttavia importanti esenzioni all’applicazione dei predetti divieti, in particolare quando gli accordi tra imprese o tra associazioni di imprese contribuiscano a migliorare la distribuzione dei prodotti od a promuovere il progresso tecnico od economico, evitando nel contempo di eliminare o distorcere la concorrenza.
È noto sotto altro profilo che, seguendo un orientamento ormai consolidato nella prassi e nella giurisprudenza[1] sin dagli anni sessanta del secolo scorso, si conoscono due ampie tipologie di Accordi: Verticali ed Orizzontali.
Sono definiti “Accordi Verticali” Gli accordi o pratiche concordate (quindi anche i comportamenti di fatto) tra due o più imprese, operanti ciascuna, ai fini dell’accordo o della pratica concordata, ad un livello differente della catena di produzione o di distribuzione e che si riferisce alle condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi. (Così testualmente l’art. 1 lettera a del Regolamento 2022/720). Si tratta quindi degli accordi che possono avere ad oggetto la regolamentazione giuridica ed economica dei più comuni contratti tipici, quali ad esempio la vendita, la somministrazione, la subfornitura, il franchising e, in determinate situazioni, ben chiarite dalle Linee Guida della Commissione, anche l’agenzia commerciale.
Sono invece definiti Accordi Orizzontali, le intese o le pratiche concordate tra imprese concorrenti, effettive o potenziali, nonché quelle intese o pratiche esistenti tra imprese non concorrenti, quando ad esempio riguardano imprese operanti nel medesimo mercato di beni, ma in aree geografiche differenti[2]. Va detto che gli Accordi Orizzontali sono considerati i più idonei a falsare il libero gioco della concorrenza sul mercato e quindi i più pericolosi e nocivi.
In materia di Accordi Verticali, la Commissione, adottando il Regolamento 2022/720, ha messo infatti in risalto il fatto che, pur nella continuità della precedente normativa, venuta a scadere il 31/05/2022[3], è stato necessario adeguare le norme a tutela della libera concorrenza “ai nuovi sviluppi del mercato, come la crescita del commercio elettronico e le tipologie nuove o più diffuse di Accordi Verticali”.
A fini di chiarimento delle norme contenute nel Regolamento, la Commissione ha poi pubblicato, in data 30 giugno 2022, apposite Linee Guida in materia di restrizioni verticali del mercato, contenute in un corposo testo di ben 85 pagine, proprio con l’intento (art. 1.1.1) di definire i principi da applicare per valutare la liceità o meno degli Accordi Verticali tra imprese, tra cui gli accordi con fornitori di servizi di intermediazione online e le relative eventuali restrizioni all’accesso di tali servizi.
Per la sua rilevanza anche a livello di impatto mediatico, va qui fatto un cenno, in materia di regolamentazione dei mercati digitali, al Regolamento UE 2022/1925 del 14 settembre 2022 del Parlamento Europeo e del Consiglio (noto come Digital Market Act - DMA), relativo alle regole di mercato nel settore digitale.
Tale Regolamento, che si applicherà a decorrere dal 2 maggio 2023, disciplinerà principalmente le fattispecie di abuso di posizione dominante e le concentrazioni di imprese, con la previsione tuttavia, per la sua applicazione, di soglie di fatturato rilevantissime, quanto alle imprese coinvolte: i c.d. gatekeeper [4].
In questo breve lavoro ci occuperemo peraltro solo degli Accordi Verticali ed in particolare focalizzeremo la nostra attenzione su quelle tipologie di accordi che incidono sull’economia delle Piattaforme Online.
II. Il Regolamento UE 2022/720 e l’economia delle Piattaforme online: definizioni e qualifiche
L’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), del Regolamento definisce i servizi di intermediazione online come i servizi della società dell’informazione [5] che consentono alle imprese di offrire beni o servizi ad altre imprese o ai consumatori finali, al fine di agevolare l’avvio di transazioni dirette tra tali imprese o tra imprese e i consumatori finali, indipendentemente dal fatto che tali operazioni siano concluse e dal luogo in cui esse si sono concluse.
Alcuni esempi di servizi di intermediazione online sono i mercati dell’e-commerce, gli app store, i servizi di comparazione dei prezzi o i servizi di social media.
Le imprese operanti nei sevizi di intermediazione online si classificano come Fornitori o Acquirenti. In particolare, un’impresa che fornisce servizi di intermediazione online è qualificata come Fornitore (art. 1, paragrafo 1, lettera d) del Regolamento), mentre un’impresa che offre o vende beni o servizi tramite i servizi di intermediazione online è qualificata come Acquirente, indipendentemente dal fatto che paghi o meno per utilizzare i servizi di intermediazione online.
III. L’applicazione delle norme sugli Accordi Verticali all’economia delle Piattaforme online
Ai fini dell’applicazione del Regolamento, la qualifica delle imprese come Fornitori o Acquirenti di servizi di intermediazione online comporta conseguenze rilevanti.
Innanzitutto, come chiarito dalla Commissione Europea nelle Linee Guida, si esclude che il Fornitore di servizi di intermediazione online possa essere classificato come Acquirente ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera k), del Regolamento in relazione ai beni o servizi offerti da terzi avvalendosi dell’intermediazione del primo[6].
Ai fini invece delle soglie della quota di mercato di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del Regolamento, la quota dovrà essere calcolata sulla base del mercato rilevante per la fornitura dei servizi di intermediazione online e non ai mercati della vendita dei beni o dei servizi intermediati[7].
Il Regolamento vieta specifiche restrizioni, che incidono sul, o rischiano di falsare il, gioco della concorrenza sui mercati di vendita di beni e servizi online.
In particolare, a norma dell’articolo 4 del Regolamento, è vietata ai Fornitori “la pratica di impedire l’uso efficace di internet da parte dell’acquirente o dei suoi clienti per vendere beni o servizi oggetto del contratto, in quanto tale pratica limita il territorio in cui, o i clienti ai quali, i beni o servizi oggetto del contratto possono essere venduti” (così l’articolo 4, lettera e) del Regolamento).
L’articolo 5 paragrafo 1 lettera d) del Regolamento in esame vieta inoltre gli Accordi o le clausole contrattuali contenenti obblighi di parità, ovvero quegli obblighi diretti o indiretti che impediscono agli Acquirenti di offrire, vendere o rivendere beni o servizi agli utenti finali a condizioni più favorevoli, utilizzando servizi di intermediazione online concorrenti.
Le Linee Guida chiariscono (par. 8.2.5.1) che gli obblighi di parità nella vendita online al dettaglio possono indebolire la concorrenza tanto nel campo dei Fornitori quanto in quello degli Acquirenti. In particolare, tali pratiche vietate possono facilitare la collusione tra Fornitori di servizi di intermediazione online, precludendo a piccoli o nuovi Fornitori di servizi di intermediazione online l’ingresso o l’espansione sul mercato.
Infine, sono vietati, a norma dell’articolo 2, paragrafo 6, del Regolamento, gli Accordi Verticali relativi alla fornitura di servizi di intermediazione online se il Fornitore svolge una funzione ibrida ossia è anche un’impresa concorrente sul mercato rilevante per la vendita di beni o servizi oggetto di intermediazione. In tal caso, è necessario comunque che il Fornitore sia un concorrente effettivo o potenziale sul mercato rilevante per la vendita dei beni o servizi oggetto di intermediazione.
Nelle Linee guida del 30 giugno 2022 la Commissione Europea specifica che le conseguenze che si sono previamente esaminate valgono anche laddove le imprese operanti nell’economia delle piattaforme online non forniscano servizi di intermediazione online ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), del Regolamento 2022/720, ma si qualificano, comunque, come Fornitori e Acquirenti ai fini dell’applicazione del Regolamento stesso. In particolare, saranno applicate le conseguenze relative all’applicazione delle soglie della quota di mercato di cui all’articolo 3, paragrafo 1, nonché quelle relative all’applicabilità degli articoli 4 e 5 del Regolamento.
Si tratta di prime osservazioni in una materia complessa e relativamente nuova e si attendono le prime pronunce della Corte di Giustizia per ulteriori e più autorevoli approfondimenti.
[1] Sentenza del 30 giugno 1966, Société Technique Minière (L.T.M.) contro Maschinenbau Ulm GmbH (M.B.U.). Domanda di pronuncia pregiudiziale, Cour d’appel de Paris - France, Causa 56-65, EU:C:1966:38. Sentenza del 13 luglio 1966. Établissements Consten S.à.R.L. e Grundig-Verkaufs-GmbH contro Commissione della C.E.E, Cause riunite 56 e 58-64, EU:C:1966:41. Sentenza del 27 ottobre 1977, METRO/Commissione, c. 26/76, EU:C:1977:167.
[2] Si vedano le Linee Guida della Commissione sull’applicabilità dell’art. 101 del TFUE agli Accordi di cooperazione orizzontale del 14/01/2011 in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea 2011/C 11/01).
[3] In data 31 maggio 2022 è venuto infatti a scadere il Regolamento (UE) 330/2010 della Commissione in materia di regolamentazione di Accordi Verticali e tale Regolamento è stato sostituito dal Regolamento 2022/720 qui in commento.
[4] In particolare, il Regolamento UE 2022/1925 mira a regolamentare quelle imprese che forniscono servizi di piattaforme di base affinché gli utenti commerciali raggiungano gli utenti finali (quali ad esempio i servizi di intermediazione online, i motori di ricerca, i sistemi operativi, i social network, i servizi di cloud e i servizi di piattaforma per la condivisione di video) e che hanno un significativo impatto sul mercato. Vi è la presunzione per un’impresa di essere qualificata come gatekeeper qualora: 1) “raggiunge un fatturato annuo nell'Unione pari o superiore a 7,5 miliardi di EUR in ciascuno degli ultimi tre esercizi finanziari, o se la sua capitalizzazione di mercato media o il suo valore equo di mercato equivalente era quanto meno pari a 75 miliardi di EUR nell'ultimo esercizio finanziario” e 2) fornisce un servizio di piattaforma di base che nell’ultimo esercizio finanziario annovera almeno 45 milioni di utenti finali attivi su base mensile e almeno 10.000 utenti commerciali nel territorio europeo (così l’articolo 1, paragrafo 2, lettera a del DMA).
[5] Per “servizi della società dell’informazione” si intendono i servizi prestati “normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi” (così l’articolo 1 lettera b) della direttiva (UE) 2015/1535). La definizione di “servizio della società dell’informazione” è stata da tempo delineata dall’Unione europea, dapprima con le direttive 98/34/CE e 98/84/CE del 1998, poi dalla direttiva 2000/31/CE recepita in Italia dal decreto legislativo n. 70 del 9 aprile 2003 e da ultimo dalla direttiva (UE) 2015/1535 richiamata dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera e) del Regolamento 2022/720.
[6] In particolare, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera k), del Regolamento (UE) 2022/720 il termine «acquirente» “include un'impresa che, sulla base di un accordo a cui si applica l'articolo 101, paragrafo 1, del trattato, vende beni o servizi per conto di un'altra impresa”.
[7] Ai sensi dell’articolo 3 del Regolamento: “L'esenzione di cui all'articolo 2 si applica a condizione che la quota di mercato detenuta dal Fornitore non superi il 30 % del mercato rilevante sul quale vende i beni o servizi oggetto del contratto e la quota di mercato detenuta dall'Acquirente non superi il 30 % del mercato rilevante sul quale acquista i beni o servizi oggetto del contratto”.