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Perché “ERETICA”?
Perché eretico, secondo l’etimologia greca del termine, è chi si rifiuta di accettare i luoghi comuni e ha il coraggio di scegliere, staccandosi dal coro: ritenendo, per esempio, che la pura logica del profitto possa e debba coesistere con i valori della solidarietà, sostenibilità (ambientale e sociale) e della condivisione, di cui oggi più che mai abbiamo imparato ad apprezzare l’importanza.
In tempi difficili, in cui si ha paura del prossimo, del diverso, dell’investire e del futuro, qualcuno emerge e cambia prospettiva. Un imprenditore giovane, un entusiasta, con idee brillanti decide di inventarsi un lavoro: “perché quello che non è mai stato fatto non è detto che non si possa fare”.
Con queste premesse diventa naturale proporre uno strumento innovativo, la società BENEFIT appunto, che gli consenta di crescere e coinvolgere altri sognatori come lui nell’avventura. Il pensiero non è solo personale ma collettivo e la volontà è quella di coinvolgere nel sistema tutti gli stakeholders che si interfacciano con l’idea.
Dopo un primo approccio al “Googlemade” si decide che è necessario che anche lo strumento sia innovativo come il personaggio e si costruisce una società che vesta l’idea. L’idea è quella che la conoscenza condivisa porti ad accrescere il beneficio di tutti, ed in questo caso la conoscenza è quella di una delle materie più ostiche del mercato: l’informatica.
“Eretica” si pone come obiettivo quello di far crescere le aziende clienti e di renderle autonome dal punto di vista informatico, condividere la conoscenza appunto. Il lavoro all’interno della struttura del cliente ha un arco di vita breve, circa 18 mesi, dopo di che il cliente è in grado di proseguire autonomamente. Il lavoro di “Eretica” potrebbe dunque terminare o proseguire verso lo studio di soluzioni innovative e più performanti che consentano all’azienda di prosperare e meglio interagire nella quotidianità aziendale.
Perché la società “benefit” è un nuovo modo di concepire l’attività di impresa: un nuovo modo che ben si concilia con l’idea che ha portato alla costituzione di Eretica.
Con la legge di Stabilità 2016 (Legge n. 208 del 28/12/2015, Art.1, Commi 376-384), l’Italia è il primo stato europeo ad introdurre, nel proprio ordinamento, un nuovo modello di business, dove il fulcro dell’impresa, oltre allo scopo di profitto, diventa quello di perseguire finalità di beneficio comune.
Il concetto di oggetto sociale cambia e si evolve: in esso non sono solo incluse le attività principali che la società intende porre in essere, ma le ulteriori attività tramite le quali la società intende realizzare un beneficio nei confronti di determinate categorie, interne ed esterne alla propria struttura, quali lavoratori, soci, la comunità in cui opera, i propri fornitori e/o clienti: il tutto con la finalità di apportare un ritorno positivo nel proprio contesto operativo.
Anche il concetto di corretta amministrazione si evolve in senso positivo ed altruistico: l’organo amministrativo non persegue soltanto più il bene e l’interesse sociale, ma altresì le finalità di beneficio comune, esponendosi ad eventuali azioni di responsabilità, ove tali finalità non vengano perseguite.
Per tale motivo, lo statuto di Eretica prevede un flusso informativo costante tra l’organo amministrativo ed i soci affinché gli stessi possano essere pienamente informati in ordine al perseguimento delle finalità di beneficio comune.
Accanto a tale flusso informativo, statutariamente previsto, si affianca l’obbligo informativo normativamente previsto (art. 1, comma 382, Legge di stabilità 2016), ovvero la relazione annuale dell’organo amministrativo in merito al perseguimento delle finalità di beneficio comune, alla valutazione dell’impatto generato ed eventualmente agli ulteriori nuovi obiettivi perseguiti: ciò al fine di garantire la massima trasparenza (valore cardine delle società benefit) nei confronti dei soci e delle altre categorie oggetto delle finalità di beneficio comune.
Sempre in un’ottica di trasparenza, Eretica ha voluto esplicitare nel proprio statuto una delle figure chiave delle società benefit, ovvero il Responsabile dell’Impatto (art. 1, comma 389, Legge di stabilità 2016), ovvero il soggetto responsabile “a cui affidare funzioni e compiti volti al perseguimento delle suddette finalità”. Trattandosi di una figura da scegliersi tra soggetti dotati di professionalità ed esperienza, è stato ritenuto opportuno demandarne la nomina all’organo amministrativo, così come di solito avviene nelle società per l’Organismo di Vigilanza.
In un mondo in costante evoluzione, dove i valori di solidarietà, trasparenza, correttezza e condivisione vengono messi a dura prova, il modello delle società benefit pare un primo passo per riaffermare un modello di imprenditoria etica, fondamentale per rilanciare una società civile.
Perché “COLLABORATIVA”?
Perché la conflittualità è una delle cause più frequenti del dissesto di società anche inizialmente floride, in cui lo scontro tra gruppi di soci portatori di interessi contrapposti conduce inesorabilmente al progressivo depauperamento della società e, in numerosi casi, addirittura al suo fallimento.
Spetta dunque ai professionisti il compito – difficile ma anche stimolante - di elaborare le clausole statutarie più idonee per comporre le divergenze tra i soci ed evitare che il dissidio possa riverberarsi in modo negativo sui rapporti sociali, sul clima di lavoro e sull’ambiente esterno, compromettendo il raggiungimento degli obiettivi che la società si prefigge.
Nel caso di ERETICA la necessità di individuare strumenti di prevenzione e gestione del conflitto il più possibile efficaci e fruttosi è stata accentuata dal fatto che ERETICA è una società “BENEFIT” che per missione “intende improntare la propria attività ai seguenti principi guida: - Il rispetto della persona, sempre posta al centro della propria attività; - La trasparenza nella propria attività e nelle relazioni con i soggetti terzi; - La felicità di tutti quanti ne facciano parte, sia come soci che in altri ruoli, attraverso un motivante e soddisfacente impegno in una prospera attività economica, volto ad una crescita individuale e spirituale di chi sceglie di essere coinvolto”.
Da qui l’idea, innovativa, di abbinare il metodo della “Pratica Collaborativa” allo strumento della Negoziazione Assistita, introdotto e disciplinato dal D.L. 132/2014, inserendo nello statuto della società una “Clausola di negoziazione assistita secondo i principi della pratica collaborativa”.
Il metodo collaborativo venne ideato alla fine degli anni ottanta del secolo scorso dall’avvocato americano Stuart Webb, con specifico riferimento alle controversie in materia famigliare, e fu adottato e sviluppato dapprima da molti professionisti statunitensi e canadesi, per diffondersi poi in tutto il mondo. La “Pratica Collaborativa” (ispirata alla “interest based negotiation”, teorizzata dalla scuola di Harvard e sviluppata, sin dagli anni 80, dai docenti di quell’Università Roger Fisher and William Ury) è definita nell’Accordo di Partecipazione che le parti sottoscrivono prima di avviare la procedura, come “un metodo non contenzioso per la soluzione dei conflitti, improntato ai principi della buona fede, della correttezza, della trasparenza e della riservatezza”, in cui le parti “sono le protagoniste del procedimento e sono responsabili delle decisioni che verranno prese”.
La negoziazione assistita, introdotta dal D.L. 12 settembre 2014 n. 132 convertito in L. 10 novembre 2014 n. 162, è “l’accordo col quale le parti, assistite da uno o più avvocati, convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole, entro un termine ragionevole, una controversia”.
Lo strumento della negoziazione assistita si presenta come un efficace “contenitore” che offre alla pratica collaborativa la possibilità di avvalersi di alcune prerogative rilevanti, accordate dal D.L. 132/2014: e precisamente:
- L’effetto interruttivo della prescrizione e della decadenza che l’art. 8 del D.L 132/2014 attribuisce all'invito a concludere una convenzione di negoziazione assistita e alla sottoscrizione della relativa convenzione;
- L’efficacia di titolo esecutivo che L’art. 5 del D.L. citato attribuisce all’accordo concluso all’esito della procedura.
Per contro, la pratica collaborativa costituisce un perfetto “contenuto”, che, se recepito nella convenzione di negoziazione assistita, può utilmente integrare la sintetica disciplina che regola l’istituto, consentendo alle parti ed ai loro professionisti di meglio esplicitare i rispettivi obblighi ed obiettivi e di regolare le modalità di svolgimento della procedura nel modo più efficace, rapido ed opportuno, applicando tecniche di negoziazione particolarmente sofisticate e collaudate.
I principi che informano il metodo collaborativo consentono infatti di completare e rafforzare l’accordo di negoziazione assistita; e l’affidamento della negoziazione ad avvocati esperti e preparati nella gestione della conflittualità, contrattualmente obbligati ad assistere le parti limitatamente alla controversia tra loro insorta, costituisce garanza di serietà della negoziazione e ne aumenta le probabilità di successo.
14 aprile 2021 © Monica De Marchi – Iftin Ebe Hassan Aden