Avv. Cristina Camia e Dott. Alberto Saraco
“Non può giudicarsi conforme a diritto che il curatore da un lato formuli l’eccezione di prescrizione presuntiva, la quale sta a significare che il credito è stato estinto mediante pagamento, e dall’altra affermi, contraddicendo se stesso, di non essere a conoscenza se il pagamento sia avvenuto o meno. In simile fattispecie la dichiarazione così resa dal curatore costituisce mancato giuramento”. Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione, sezione I, con sentenza n. 20602 del 27 giugno 2022. Nella sentenza in esame, la Corte è tornata ad affrontare il tema della correlazione tra l’eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dal curatore fallimentare e la conseguente facoltà del creditore di deferire il medesimo a giuramento decisorio, soffermandosi per la prima volta sul valore da attribuirsi alla “dichiarazione di non sapere” del curatore sull’effettiva sorte del credito di cui era stata fatta istanza di ammissione al passivo del fallimento.
I fatti di causa
Uno studio tecnico istava per l’ammissione al passivo del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. al fine di vedersi riconosciuto il credito vantato per le prestazioni d’opera professionale svolte in previsione delle opere edilizie da compiersi presso un’immobile di proprietà della società fallita.
Il predetto credito non veniva riconosciuto a seguito dell’eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dal curatore.
Nell’ambito dell’opposizione allo stato passivo, stante la predetta eccezione di prescrizione, il creditore deferiva il rimedio del giuramento decisorio al curatore ex art. 2960 c.c.
In tale circostanza, il curatore dichiarava di non poter giurare in merito alla sorte del credito, non avendo contezza della sua estinzione mediante pagamento o qualsiasi altro mezzo. Il Tribunale, ritenendo non vi fosse “prova alcuna del fatto contrario alla presunzione fatta valere dalla curatela”, concludeva rigettando l’opposizione del creditore.
Con ricorso n. 11182 del 7 dicembre 2016 lo studio tecnico impugnava il decreto di rigetto dell’opposizione avverso il diniego di ammissione allo stato passivo.
Brevi cenni sull'istituto della prescrizione presuntiva
Si premette brevemente che l’istituto delle prescrizioni presuntive, disciplinato agli artt. 2954 e ss. c.c., poggia le proprie fondamenta su quei rapporti giuridici instaurati quotidianamente e che presuppongono una pressoché contestuale estinzione del debito sorto in relazione all’esecuzione di determinate prestazioni, prescindendo dall’onere in capo al debitore di esigere e conservare la prova (scritta) dell’avvenuto soddisfacimento del debito.
Infatti, a fronte del decorso di un determinato periodo di tempo, il legislatore presume che il debito concernente le predette prestazioni (fra le quali rientrano i crediti dei professionisti per il compenso dell’opera prestata) si sia estinto; motivo per cui, se il debitore intende respingere le richieste di pagamento avanzate dal creditore, può eccepire l’intervenuta prescrizione presuntiva del credito.
Tale eccezione esplica i propri effetti sul piano dell’onere probatorio, esonerando il debitore dall’onere di fornire prova dell’estinzione del debito mediante pagamento o altro mezzo idoneo a soddisfare le pretese creditorie.
Avverso tale strumento, la legge concede al creditore la facoltà di deferire al debitore giuramento per accertare se si sia verificata l’estinzione del debito (art. 2960 c.c.).
Pertanto, seppur l’ordinamento non preveda l’ammissione di qualsiasi mezzo di prova contraria avverso la prescrizione presuntiva, lo stesso fornisce al creditore un rimedio utile a riequilibrare gli scompensi che derivano dall’eccezione sollevata dal debitore.
La motivazione
La sentenza in esame, richiamando la pronuncia n. 19418/2017, introduce un primo profilo di criticità, rilevando come, pur essendo il curatore fallimentare un soggetto terzo rispetto all’originario rapporto obbligatorio, la sua eventuale sottrazione a rendere giuramento decisorio comporterebbe l’impossibilità del creditore di avvalersi dell’unico strumento utile a sostenere la fondatezza delle proprie pretese, anticipando così l’esito sfavorevole della controversia.
La Corte analizza poi alcuni precedenti giurisprudenziali[1] evidenziando, tuttavia, che le precedenti pronunce espresse dalla Cassazione non si sono mai occupate di analizzare la posizione del curatore in qualità di giurante.
Non avendo trovato una fattispecie verosimilmente analoga da applicare al caso in esame, il giudice di legittimità, al fine di risolvere il problema, ha optato per un ragionamento a ritroso, ovverosia partendo dalla prioritaria distinzione tra gli istituti della prescrizione presuntiva e della prescrizione estintiva.
L’istituto della prescrizione estintiva, la cui disciplina è contenuta nell’art. 2934 c.c., produce i suoi effetti sul piano del diritto sostanziale, dal momento che l’estinzione del diritto soggettivo è diretta conseguenza dell’inerzia del titolare che “non lo esercita per il tempo determinato dalla legge”.
Viceversa, nell’istituto della prescrizione presuntiva ex art. 2954 e ss. “quello che si presume non è che il debito si sia prescritto, ma che si sia estinto, e dunque che il pagamento sia avvenuto”[2]. Tale istituto, come già evidenziato, esplica i suoi effetti sul piano probatorio: all’eccezione di prescrizione presuntiva, da considerarsi implicita affermazione del debitore di aver adempiuto all’obbligazione di pagamento, non segue altro che la reazione del creditore a deferire giuramento decisorio sui fatti estintivi del debito.
Esonerate dunque entrambe le parti dalla produzione di prova scritta, la Corte, nel giustificare l’inscindibile correlazione tra l’eccezione di prescrizione presuntiva ed il deferimento a giuramento decisorio, rimanda al principio affermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 57/1962, secondo cui è riconosciuto dalla legge che “la presunzione possa superarsi, ma (solo) con mezzi di prova lasciati alla coscienza ed al contegno del debitore”.
La Corte si sofferma infatti sull’intrinseco legame fra l’eccezione di prescrizione presuntiva ed il deferimento del giuramento decisorio, affermando che “non sarebbe conforme al sistema ammettere che il debitore possa eccepire la prescrizione presuntiva e che il creditore non possa, beninteso utilmente, almeno in potenza, avvalersi del giuramento decisorio”.
Le conclusioni della Corte
Orbene, è preventivabile che il curatore, quale soggetto terzo venuto a conoscenza dell’esposizione debitoria del fallito solamente attraverso gli atti di causa e le produzioni documentali di parte, affermi in sede di giuramento decisorio di ignorare le sorti del credito.
Tuttavia, tale affermazione risulta intrinsecamente contrastante con l’eccezione di prescrizione presuntiva sollevata che, come detto, contiene un’implicita affermazione che il debito sia stato pagato.
Pertanto, rilevata la discrasia tra l’eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dal curatore e la seguente dichiarazione del medesimo, deferito al giuramento decisorio, di non avere contezza della sorte del credito, la Corte rinviene in tale dichiarazione i contorni di un mancato giuramento, al quale la legge fa discendere quale conseguenza diretta la soccombenza nella lite, stante che la parte non è più ammessa a provare il contrario.
[1] Cfr. Cassazione Civile, n. 15570/2015.
[2] Cfr. Cassazione Civile, n. 20602/2022.